Più di 70 finanzieri del Comando Provinciale di Lecce stanno eseguendo da questa mattina, un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali nei confronti di 10 persone ed un decreto di sequestro preventivo di beni per un valore di oltre 7 milioni di euro, emessi dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce oltre che numerose perquisizioni in tutta la provincia salentina.
L’inchiesta, denominata “Dirty Slot”, coordinata dalla Procura della Repubblica-Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce e condotta dal Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Lecce, ha smantellato un’organizzazione criminale legata al clan “Coluccia” e ad alcune frange brindisine della Sacra Corona Unita, in grado di imporre con metodo mafioso l’avvio, la gestione ed il controllo del mercato del gaming e del gioco d’azzardo legale ed illegale nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto, oltreché nel Lazio, nelle provincie di Frosinone e Latina, gestendo un grosso giro d’affari nel settore delle famigerate slot machine, dei videopoker e nella raccolta di scommesse per eventi sportivi, fatte confluire sulle piattaforme informatiche di bookmaker stranieri. Proprio in tale ambito, le Fiamme Gialle salentine hanno accertato che gli imprenditori Alberto e Massimiliano Marra, titolari della Teckno Win Srl, risulterebbero tra gli elementi apicali di un’importante consorteria criminale, egemone nel comprensorio di Galatina (LE), dedita al sistematico ricorso a metodi intimidatori per imporre la propria posizione di monopolio nello specifico settore, notoriamente di interesse delle mafie, non solo nel Salento ma anche in altre parti d’Italia. Numerosissimi gestori di bar, ristoranti e sale da gioco ricadenti nel “feudo” dei Coluccia, sono stati costretti, con l’imposizione della forza intimidatoria del vincolo mafioso, ad installare oltre 400 slot machine e videopoker di proprietà delle società degli imprenditori arrestati, a fronte di minacce, attentati e ritorsioni, in alcuni casi, anche fisiche, da parte degli uomini del clan. La complessa attività investigativa, svolta anche con l’ausilio di intercettazioni, pedinamenti ed analisi di centinaia di conti bancari, anche esteri, ha dimostrato l’egemonia degli indagati nel territorio di Galatina e paesi limitrofi, in diverse aree del Salento ma anche fuori Regione. Un business di milioni di euro legato alle scommesse sportive a quota fissa, ma illegali perché collegate a network esteri ed al gioco d’azzardo anche attraverso slot machine appositamente manomesse per interrompere i flussi telematici di comunicazione ai Monopoli di Stato, sottraendo così ingenti guadagni all’imposizione dovuta allo Stato sull’ammontare delle giocate realizzate dai singoli dispositivi elettronici. Le indagini hanno inoltre, confermato le dichiarazioni da tempo rese da diversi collaboratori di giustizia che hanno indicato gli odierni indagati come punto di riferimento della S.C.U. nella gestione del sistema dei giochi e scommesse nel Salento. I provvedimenti di cattura sono stati eseguiti a Galatina, Aradeo, Corigliano d’Otranto e Carmiano ed agli arrestati e a diversi prestanome, è stato sequestrato, in Italia e all’estero, un ingente patrimonio mobiliare e immobiliare frutto delle attività delittuose, composto da fabbricati, terreni, auto, società, ditte individuali, polizze assicurative e conti correnti presso vari istituti di credito, per oltre sette milioni di euro. Le ipotesi di reato contestate sono quelle di associazione per delinquere di tipo mafioso, frode informatica, esercizio di giochi d’azzardo ed esercizio abusivo di giochi e scommesse aggravati dal metodo mafioso, illecita concorrenza con minaccia o violenza e trasferimento fraudolento di valori. Durante le indagini i militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Lecce hanno effettuato sequestri di apparecchiature elettroniche e svolto una verifica fiscale nei confronti della principale società degli indagati, constatando un’enorme evasione fiscale ai fini delle imposte dirette di circa 2,5 milioni di euro e di oltre 15 milioni di euro ai fini dell’IVA, grazie anche alla scoperta di documentazione extra-contabile in formato digitale rinvenuta negli hard disk della società. In carcere Lecce sono stati tradotti i fratelli Alberto e Massimiliano Marra e Gabriele Antonio De Paolis. Ai domiciliari sono invece finiti Leonardo Costa, Luigi Marra, Pamela Sabina Giannico, mentre in 4 sono stati sottoposti alla misura dell’obbligo di firma: Andrea Bardoscia, Daniele Donno, Stefano Greco e Maurizio Zilli.