Consiglio generale della Cisl Taranto Brindisi oggi a Martina Franca, incentrato sul tema “Innovazione e sinergia: i potenti strumenti per le opportunità di sviluppo”. Ha aperto i lavori, la relazione del segretario generale Ust Cisl Ta-Br Antonio Castellucci, cui sono seguiti gli interventi di Daniela Fumarola, segr.generale Cisl Puglia e di Ignazio Ganga, segretario confederale nazionale della Cisl.
Di seguito la relazione del seg.Castellucci
"Saluto e ringrazio le amiche e gli amici consiglieri presenti ai lavori odierni del Consiglio Generale della UST; in particolare, ringrazio a nome di tutti Daniela Fumarola, Segretaria Generale CISL Puglia e Ignazio Ganga, Segretario CISL Confederale nazionale, che concluderà i nostri lavori.
La fase complessa e delicata che sta attraversando il nostro Paese, sui versanti politico e istituzionale, viene seguita con grande attenzione anche dalla nostra Confederazione a tutti i livelli.
L’elezione dei rappresentanti del popolo in Parlamento, a seguito delle elezioni nazionali del 4 marzo u.s., ha consegnato ad un nuovo quadro politico, l’impegno di governare i destini sociali ed economici del Paese.
Nel corso di quella campagna elettorale, come sta avvenendo in queste settimane anche per le amministrative del 10 giugno p.v. che si svolgeranno in diversi nostri Comuni, molti Candidati del territorio Taranto Brindisi hanno incontrato – e stanno incontrando - anche la CISL.
A loro abbiamo ribadito i nostri valori fondativi di autonomia, di libertà, di pluralismo, insieme con la nostra vocazione propositiva, partecipativa e contrattualista qualunque siano il Governo e le altre nostre controparti sia pubbliche che private.
La CISL nazionale, abbiamo anche ricordato ai nostri interlocutori, ha elaborato nel tempo numerose proposte ispirate al welfare e al fisco che, se fossero state già assunte, avrebbero registrato ricadute positive su lavoratori, pensionati e quindi sull’intero sistema economico e sociale del Paese.
Quanto alle aree territoriali di Taranto e di Brindisi, abbiamo sostenuto come sia necessario non interrompere il percorso di programmazione, se pur ancora parziale, iniziato negli ultimi anni con i distinti Governi, poiché ha prodotto risultati significativi con l’avvio di progettualità finalizzate alla salvaguardia dei sistemi industriali esistenti, all’attualizzazione delle diversificate potenzialità del nostro sistema produttivo ed ai protocolli di legalità.
In particolare il sistema Taranto presenta fronti vertenziali aperti, di valenza nazionale e regionale (Ilva, Portualità, completamento Cis - Contratto Istituzionale Sviluppo - nuovo Ospedale San Cataldo, bonifiche, Arsenale, città vecchia, politiche sanitarie, polo museale, industria del mare, Zes, Patto per Taranto, Leonardo, infrastrutture, …), di cui in più circostanze abbiamo approfondito, come Gruppo dirigente della UST, le specificità.
Per il sistema Brindisi il confronto avviato, anche in questo caso di valenza nazionale e regionale, necessita di sviluppi (Insediamento definitivo del Tavolo interistituzionale, politiche sanitarie, bonifiche, ciclo dei rifiuti, Zes, Portualità, cantieri navali, Santa Teresa (partecipata), sostenibilità ambientale, energetica, chimica, logistica, Leonardo, infrastrutture…); su tale vertenza è in corso, a sostegno della mobilitazione unitaria, anche una raccolta di firme di cittadini.
Specifichiamo, al riguardo, che il Tavolo Interistituzionale prevedeva la definizione e la realizzazione di alcuni importanti progetti relativi al Porto, alla Cittadella della Ricerca e alle bonifiche del Sito di Interesse Nazionale (SIN).
Ebbene, qualunque sia la composizione del nuovo Governo e per gli effetti che esso avrà sulle due province, come Cisl Territoriale insieme con le nostre Categorie continueremo ad operare ed a mobilitarci negli esclusivi interessi generali di donne, uomini, lavoratrici, lavoratori, pensionate e pensionati, giovani e immigrati, per lo sviluppo ed il progresso delle nostre comunità.
Lo faremo in uno scenario indubbiamente per nulla semplice, anzi decisamente complesso, in cui il risultato elettorale nelle regioni del Mezzogiorno ha evidenziato le divisioni territoriali che si riflettono, in particolar modo, nella nuova geografia politica.
Quanto a reddito ed occupazione, permangono ferite profonde qui al Sud, con l’aggravante di un ulteriore ampliamento delle disuguaglianze interne, di una concentrazione degli effetti della crisi sulle fasce più deboli della popolazione, in primo luogo i giovani e le tante famiglie a basso reddito
La disoccupazione relativa alla fascia giovanile è a livelli di vera emergenza, con oltre il 50% in entrambe le province di Brindisi e di Taranto, così come molto elevata è anche la percentuale di Neet, cioè i giovani (tra 15 e 29 anni) che non lavorano, non studiano e non frequentano corsi di formazione.
La differenza, invece, tra occupazione maschile e femminile, così come delle retribuzioni medie mensili – che ripropone il tema delle disparità di genere - si attesta tra il 15% ed 20%.
Nel dibattito pubblico, laddove ovunque emergono le paure del futuro e della precarietà, viene avanti il timore di restare esclusi anche dai processi di modernizzazione.
Tale situazione può generare, in aree in ritardo di sviluppo e con bassi livelli di occupazione, un senso di isolamento e di insoddisfazione che le tradizionali ricette di politiche di crescita non riescono a soddisfare.
A gennaio scorso, durante l’ultimo World Economic Forum di Davos, dove si riuniscono annualmente i massimi esponenti politici ed economici a livello mondiale, è emerso che entro il 2020 almeno sette milioni di posti di lavoro potrebbero andare perduti, in quanto rimpiazzati dalle nuove tecnologie, mentre circa due milioni di nuovi posti verranno creati nei settori della robotica, delle nanotecnologie, della stampa 3D, della genetica e delle biotecnologie.
Posti di qualità, che richiedono in questo processo di Industria 4.0, specializzazione ed alta formazione, come quella che possiedono i nostri migliori cervelli, troppo spesso costretti però a lasciare il nostro Paese perché, incredibilmente, l’Italia offre loro poche prospettive di lavoro.
Ed è stato proprio nella stessa occasione del World Economic Forum che Papa Francesco, nella lettera inviata - in quanto impossibilitato a partecipare - ha ribadito come i modelli economici internazionali debbano promuovere la giustizia sociale, combattere la piaga della corruzione, rifiutare come imprenditori la cultura dell’usa-e-getta ed aumentare la qualità della produttività creando occupazione, rispettando leggi e contratti, in modo da "osservare un'etica di sviluppo sostenibile e integrale, basata su valori che mettano al centro la persona umana e i suoi diritti", così da poter garantire realmente le generazioni future.
Tornando alla questione meridionale, è interessante evidenziare, in questa parte d’Italia, che sono soprattutto i giovani a percepire l’assenza di prospettive occupazionali e quindi vengono spinti ad emigrare.
A conferma di ciò, tra il 2008 e il 2017 il tasso di occupazione dei giovani di età compresa tra i 15 e 34 anni si è ridotta di circa 10 punti scendendo sotto il 40%.
Insomma, si tratta di giovani e ragazzi con cui confrontarsi, perché gli stessi siano messi nelle giuste condizioni, di cogliere concretamente prospettive e opportunità occupazionali; potrebbero essere proprio loro, infatti, a rilanciare questa parte della penisola italiana.
Infatti, in quindici anni sono stati circa 200 mila i laureati meridionali recatisi a lavorare al Nord; questa migrazione si può stimare in costi per 30 miliardi di euro - 2 all’anno - e quindi si rivela come un vero e proprio regalo che il Sud ha fatto al Nord del Paese (fonte: Svimez)
In controtendenza è, invece, il secondo rapporto di Intesa San Paolo sui Distretti del Mezzogiorno.
L’impatto degli imprenditori giovani sui distretti è del 38,1%, pressoché il doppio della media nazionale e circa il triplo rispetto al centro Italia; così come le startup innovative che aumentano al Sud, nel secondo trimestre 2017, di ben 31,3 punti percentuali, ovvero dieci in più rispetto alla media delle regioni settentrionali.
Seppur in assenza o esiguità di capitali finanziari, il capitale umano costituito dai giovani del Sud diviene un motore di sviluppo formidabile.
Nel dettaglio dello studio di intesa San Paolo, i settori più ricercati, con una presenza elevata di imprenditori giovani, sono il Turismo e l’Agroalimentare.
È necessario, quindi, avviare sui territori politiche in grado di facilitare questi processi di inserimento, al fine di evitare un comportamento arrendevole per l’incapacità di sburocratizzare il sistema.
È per facilitare questi processi di nuova politica, a nostro avviso, che sono state indirizzate le misure Resto al Sud, le Zone Economiche Speciali che approfondiremo più avanti, la clausola del 34% degli investimenti al Sud, il Masterplan, ecc., che hanno fatto registrare per qualche anno, tassi di crescita nel Sud più alti che nel resto del Paese; ma che di fatto, non hanno intaccato le aree di disagio, concentrate soprattutto nelle periferie dei grandi centri urbani.
Tali aree di disagio, così come riscontriamo sovente, si possono esemplificare con l’insufficiente livello dei servizi pubblici, dei diritti di cittadinanza, della sostenibilità e vivibilità ambientale locale, della legalità e sicurezza personale, di adeguati standard di istruzione, di idoneità di servizi sanitari e di cura per le persone adulte e per l’infanzia.
Si tratta di carenze di servizi che si riflettono sulla vita dei cittadini ma che condizionano anche le prospettive di crescita economica, perché diventano fattori determinanti per l’attrazione mancata di nuove iniziative imprenditoriali.
La politica di coesione non può solo declinarsi attraverso incentivi fiscali, contratti di sviluppo, investimenti pubblici, pur importanti ma deve essere accompagnata da politiche territorialmente differenziate nel Mezzogiorno, in grado anche di riequilibrare la qualità di alcuni beni pubblici essenziali.
Essi sono, ad esempio, la qualità dell’assistenza sanitaria, l’offerta di assistenza domiciliare per gli anziani e i non autosufficienti, una adeguata legislazione per i caregiver familiari, il numero di posti negli asili nido, la regolarità nella fornitura dell’acqua, la gestione e la chiusura del ciclo dei rifiuti con impianti di compostaggio, l’offerta scolastica, formativa, universitaria.
Interventi che per essere efficaci devono mettere in equilibrio anche gli investimenti in infrastrutture (viabilità, edilizia scolastica, macchinari sanitari, ecc.) con una riorganizzazione della spesa corrente.
Siamo convinti che per i nostri due territori e per tutto il Mezzogiorno, occorre passare dalla politica per stanziamenti finanziari a quella per obiettivi e progetti esecutivi finalizzati all’appropriatezza dei servizi per il cittadino e per le imprese, aumentando così anche la possibilità di monitorare l’impatto delle risorse e di misurare il loro impiego.
Come appare chiaro, si tratta di un disegno impegnativo, anche di un mutamento di approccio culturale che riconduca ad un nuovo protagonismo dell’intera società meridionale e che vada di pari passo al miglioramento e al potenziamento della macchina pubblica.
“Ultimamente si è enfatizzato troppo il tema della crescita, dimenticando – ha affermato di recente la nostra leader nazionale Annamaria Furlan - quella gran parte del Paese in profonda difficoltà. Noi dobbiamo lavorare per dire basta alle disuguaglianze.”
Concordiamo con Annamaria Furlan, sul fatto che oggi la nostra missione comune debba essere orientata dal convincimento che la ripartenza economica, produttiva, occupazionale del Mezzogiorno possa e debba essere correlata agli strumenti della partecipazione e della condivisione, capaci di tenere insieme imprese, posti di lavoro, lavoratori, generazioni, generi, territori, etnie, dando voce e ricercando soluzioni ai rispettivi problemi ed alla valorizzazione del lavoro nell’interesse del Paese.
L’accordo tra Confindustria e CGIL, CISL, UIL del 27 febbraio u.s., ha come scopo proprio la valorizzazione del lavoro e delle retribuzioni ed è, nella sua ispirazione, un progetto di sviluppo per il sistema Paese, facendo di relazioni industriali partecipative e stabili condizione per un significativo aumento della competitività, della produttività e dei salari.
L’attuale debolezza delle retribuzioni e della produttività, sono state più volte rilevate nel dibattito sindacale; da qui il segnale che la contrattazione con l’Associazione degli Industriali dovrà caratterizzarsi sui temi innovativi delle politiche attive, della formazione continua per le competenze del lavoro che cambia, del welfare contrattuale, della sicurezza del lavoro e soprattutto della partecipazione dei lavoratori.
E’ un accordo importante quello con Confindustria che vuole, anche, valorizzare il lavoro, rafforzando l’occupabilità, rendendo le persone protagoniste e partecipi nei luoghi di lavoro, riaffermando il protagonismo delle Parti sociali.
La ridefinizione del trattamento economico complessivo e del trattamento economico minimo, se ben attuata e la realizzazione del riconoscimento della rappresentatività, renderanno finalmente inutile ogni proclama sul salario minimo - di cui pure si è sentito parlare in campagna elettorale - e metteranno fine al fenomeno della concorrenza sleale tra imprese, alimentato da associazioni imprenditoriali e sindacali di comodo e prive di rappresentatività e di responsabilità.
A corredo di ciò, si pensi che nel settore commercio, turismo, terziario, il dumping contrattuale è dilagante se solo si considera che esistono oltre 60 C.c.n.l. sottoscritti da circa 70 sindacati diversi dalle organizzazioni confederali e, dulcis in fundo, si annoverano ben 110 associazioni datoriali.
L’Accordo con Confindustria, dunque, è un vero e proprio modello di governo, nell’ambito delle competenze e delle responsabilità delle Parti Sociali, delle relazioni sindacali, della valorizzazione del lavoro, dell’innovazione, del posizionamento competitivo del sistema manifatturiero italiano.
Al contempo, il 13 febbraio u.s., analogo importante Protocollo d’intesa per lo sviluppo, l’occupazione e la competitività del sistema economico pugliese è stato sottoscritto da Confindustria Puglia e CGIL CISL UIL regionali, finalizzato all’avvio per un confronto permanente e di un’analisi attenta per nuove proposte strategiche di politica industriale regionale.
Detto Protocollo punta a consolidare, sia una prassi di relazioni industriali finalizzate allo sviluppo economico della Puglia, che la crescita occupazionale e, dunque, avanza su alcuni specifici argomenti dettagliate proposte di merito.
Per quanto riguarda il livello territoriale siamo pronti unitariamente ad iniziare il confronto con le rispettive direzioni di Confindustria Taranto e Brindisi.
Ed è proprio sul valore del lavoro che come CISL territoriale concentreremo la nostra attenzione.
“Oggi l’indebolimento della qualità e della dignità del lavoro porta al paradosso che avere lavoro (che molte volte rischia di essere un lavoro saltuario) non è più condizione sufficiente per l’uscita dalla condizione di povertà”: così ha ben scritto la Commissione CEI per i problemi sociali e il lavoro nel messaggio in vista del Primo maggio 2018.
“La quantità, qualità e dignità del lavoro è la grande sfida dei prossimi anni per la nostra società, nello scenario di un sistema economico che mette al centro consumi e profitto e finisce per schiacciare le esigenze del lavoro”, affermano ancora i Vescovi italiani.
Noi, di fronte a queste parole, continuiamo ad essere convinti che il futuro del sindacato sia nel rafforzamento della sua missione originale sui fronti della proposta, della rappresentanza e del potere di contrattazione, con la consapevolezza che nella capacità di contrattare continuerà a manifestarsi, anche nel terzo millennio ed oltre, la nostra funzione anche di tutela.
“Più lavoro esiste, più esso è regolare e continuativo, più è retribuito equamente, più è tutelato e svolto in sicurezza più ampia ed equilibrata è la distribuzione dei redditi e delle protezioni sociali” ha affermato qualche settimana fa il nostro segretario nazionale Ignazio Ganga “e più il nostro Paese potrà recuperare il gap economico e sociale che oggi lo distanzia dai partner europei.”
E’ anche su questi obiettivi e principi che si è basata l'ultima intesa confederale sulla previdenza, le elaborazioni CISL su Europa, Lavoro, Fisco e Welfare, le già ricordate intese con Confindustria nazionale e regionale pugliese, il negoziato sui contratti pubblici e che ha permesso anche di rigenerare l’intero movimento sindacale confederale ed in particolar modo la nostra organizzazione.
Senza il lavoro e i diritti non può esistere equità e giustizia; per questo dobbiamo impegnarci a combattere le grandi diseguaglianze del momento, puntando al lavoro e alla previdenza per tutti e soprattutto per i giovani, così come alla lotta alla povertà, alla conciliazione fra vita e lavoro anche mediante forme di riduzione dell'orario.
Per tutto questo serve più Sindacato, ancor più in grado di interpretare i sommovimenti in atto nel mercato del lavoro ed a guidare la nuova stagione di impegno sociale e politico.
Serve più Sindacato in considerazione non solo delle disparità strutturali che continuano ad essere di freno alla crescita dell’Italia, quanto anche dell’eccesso di burocrazia, della pressione fiscale e del deficit di legalità ed infrastrutture, veri e propri costi per il Paese.
Il Pil nazionale ed i consumi per il 2019 si stimano, attualmente, in crescita di appena lo 0,9% ed è proprio in queste settimane di inizio della 18^ legislatura che le forze politiche devono impegnarsi per una governabilità adeguata alle sfide che ci sono di fronte, per superare le quali le imprese, le famiglie, gli investitori, le borse, l’Europa hanno bisogno di risposte tempestive e solide.
Per quanto ci riguarda, come territorio, tali emergenze partono dalla difficile trattativa sindacale in corso per la cessione del Gruppo Ilva, rispetto alla quale ribadiamo, ancora una volta, i nostri obiettivi vertenziali (con Fim Fisascat, Filca, Flaei Fit) che sono la salvaguardia occupazionale tanto dei lavoratori diretti quanto di quelli dei sistemi appalto e indotto, l’ambientalizzazione e la sicurezza del polo siderurgico ionico ed il compiuto rilancio del ciclo produttivo che è utile tanto al sistema territoriale quanto al sistema Paese.
Trattativa molto complessa, che ci auguriamo possa arrivare a soluzione quanto prima.
Altrettanta attenzione rivolgiamo alla Centrale Federico II di Brindisi; non vogliamo creare allarmismi ma nei prossimi anni potrebbero essere a rischio potenzialmente oltre 1000 posti di lavoro diretti, appalto e indotto, a fronte di una situazione non molto chiara che, in assenza di adeguati interventi e di nuovi investimenti per l’innovazione della Centrale, rischia di concretizzarsi nella possibile dismissione entro il 2025.
Abbiamo necessità che si faccia chiarezza.
Per il territorio Enel è fondamentale; occorre continuare l’attività coniugando occupazione-salute-ambiente-sicurezza, attraverso investimenti e formazione.
E’ quindi prioritario mettere in azione nuove opportunità per uno sviluppo strutturale territoriale sostenibile, che coinvolga le tante aziende sane del territorio, creando occupazione aggiuntiva e quindi benessere sociale, senza disperdere alcuna delle tante professionalità qualificate che esistono.
Servirà che tali nuove opportunità che si andranno a creare, siano rafforzate dalle buone pratiche della partecipazione, della legalità, del confronto propositivo, dalla sinergia istituzionale, dall’innovazione, di un recuperato ruolo della politica al bene comune, oltreché della capacità di progettazione e di spesa, senza sprecare neppure una minima parte delle risorse che saranno disponibili.
Siamo anche preoccupati per le tante realtà produttive che oggi soffrono, o dove non si intravede al momento, un destino limpido, come nel caso della Società Santa Teresa di Brindisi, partecipata dell’Ente Provincia.
Ricordiamo le difficoltà economiche che affrontano le numerose aziende dell’indotto e dell’appalto Ilva che si ripercuotono direttamente sulle migliaia e migliaia di lavoratori alle loro dipendenze.
Così come per le altre aziende che insistono in entrambi i territori, quelle del settore metalmeccanico, eolico, chimico, tessile, farmaceutico, creditizio, ecc., per molte delle quali pur non osservando segnali di fortissime difficoltà, vi è la necessità di comprendere quali saranno gli investimenti futuri sul territorio, affinché continuino a garantire per i prossimi anni occupazione e sviluppo.
Così come si attendono risposte anche sulla Leonardo, società dell’aerospazio che punta a una nuova stagione di rilancio che toccherà anche la Puglia, con i fari puntati su un piano da 400milioni di investimenti da completare entro il 2019, per il potenziamento degli stabilimenti di Grottaglie, Foggia e Brindisi.
Le altre emergenze sono correlate alle sfide per la diversificazione produttiva del territorio Taranto Brindisi, per l’occupazione aggiuntiva in particolare giovanile, per l’attrazione di investimenti pubblici e privati, nonché per il rilancio nei nostri settori vocazionali come l’agricoltura, il turismo, il commercio, la logistica, le infrastrutture, ecc., con nuove e più efficaci misure di sostegno.
Abbiamo preso atto, nelle scorse settimane, dell’avvenuta firma tra Unioncamere e Invitalia di un protocollo d’intesa per avviare azioni informative e di accompagnamento sul territorio per Resto al Sud, programma di agevolazioni rivolto all’imprenditoria giovanile under36 - attraverso Invitalia - nelle aree del Mezzogiorno con una dotazione di 1,25 miliardi.
Al momento, per l’accesso alle agevolazioni, il protocollo punta a promuovere le opportunità offerte dagli incentivi per la nascita e lo sviluppo dell’imprenditorialità, con particolare riferimento alle imprese innovative e a quelle promosse da giovani e donne.
Lo stesso protocollo è importate perché prevede di portare questa opportunità sui territori, direttamente a chi può usufruirne.
Il finanziamento, lo ricordiamo, che copre il 100% delle spese ammissibili, ovvero la ristrutturazione o manutenzione straordinaria di beni immobili, l’acquisto di impianti, macchinari, attrezzature e programmi informatici e le principali voci di spesa utili all’avvio dell’attività, consiste in un contributo a fondo perduto pari al 35% dell’investimento complessivo e in un finanziamento bancario pari al 65% dell’investimento complessivo, garantito dal Fondo di Garanzia per le Pmi.
Sul versante delle infrastrutture portuali, non va sottovalutato che i porti di Taranto e di Brindisi insieme con quello di Bari, sono riconosciuti dal Governo, asset strategici dell’economia nazionale.
Ed è proprio con il sistema pugliese che il Piano nazionale della Logistica ha configurato la direttrice adriatica meridionale, ovvero il porto di Bari e il suo interporto Ten-T, il porto di Taranto anche porto Ten-T e transhipment e relativa piattaforma logistica, il porto di Brindisi nella configurazione di hub.
In realtà questa è una occasione irripetibile per la nostra Regione, ovvero una rete delle Città Portuali del Mezzogiorno, dotate di Zes (Zone Economiche Speciali) e strettamente connesse via ferro, che potrà rivelarsi volano dell’economia di queste aree, così come è accaduto in tante altre parti d’Europa.
Parliamo delle Zes, istituite con il decreto Sud, come di strumenti orientati a rafforzare la capacità dei porti e del settore logistico di intercettare il crescente traffico del Mediterraneo, favorendo l’insediamento di imprese in grado di attivare, a partire dalla logistica, processi di sviluppo molto importanti anche per le imprese locali, dove i due nostri capoluoghi e rispettivi territori potrebbero avere un vantaggio straordinario.
Trattasi di interventi che puntano a stimolare lo sviluppo di imprese insediate o di nuova istituzione al loro interno, offrendo condizioni favorevoli di natura economica, finanziaria ed amministrativa.
Pensiamo che l’istituzione delle Zes rischierebbe di essere vanificata se non si riuscisse a far funzionare realmente e in tempi rapidi i nuovi organi di governo e di partenariato previsti dalla riforma portuale.
Intanto persiste, come già ricordato, il nodo dell’insufficiente dotazione infrastrutturale e dei trasporti sul nostro territorio.
Un concreto potenziamento della rete ferroviaria ed infrastrutturale interna all’intera area ionico-adriatica, di nostra competenza, qualora già realizzato, avrebbe consentito, per le importanti potenzialità possedute - economiche e logistiche, culturali e turistiche - di fare rete, appunto, per la presenza dei due Porti ed Aeroporti, a Brindisi e a Taranto, pur con vocazioni differenti.
Così non è ancora: infatti continuiamo ad essere tagliati fuori dai collegamenti con la Città Metropolitana di Bari, con le altre Regioni del Mezzogiorno, con il Centro e il Nord del Paese e con i grandi corridoi ferroviari europei.
Occorre su questo tema, così come ha impostato la nostra CISL regionale, una discussione di merito, per una vertenzialità mirata che evidentemente dovrà coinvolgere l’intero territorio pugliese.
L’Italia, insomma, anche in questo settore permane a due velocità, nonostante gli impegni assunti negli anni scorsi in maniera trasversale - ma soltanto sulla carta - di spingere l’alta velocità sino al Salento, orfano dal 2016 (stagione sperimentale) del Frecciarossa Milano-Lecce.
Trenitalia, esaurita quella fase della sperimentazione, non ha mai assicurato un marketing adeguato né la Regione Puglia ha mai definito un concorso finanziario che assicurasse, successivamente, la sostenibilità economica di almeno due linee Frecciarossa.
Eppure decine di bus quotidianamente collegano Lecce e Brindisi con Milano e viceversa, a dimostrazione che la forte domanda esiste.
Ora, ridare slancio all’economia e rimettere in moto la buona occupazione non può prescindere dal considerare l’insieme delle ferrovie, delle strade, dei porti e degli aeroporti come il volano per attrarre investimenti e sempre maggiore turismo, nazionale e internazionale.
Lo scorso 3 aprile, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e il ministro dell''Economia e delle Finanze, hanno designato la Rete aeroportuale pugliese, la prima in Italia, costituita dagli aeroporti di Bari, di Brindisi, di Foggia e di Taranto-Grottaglie.
Il Decreto Interministeriale recepisce quanto disposto da una specifica Direttiva Europea e in conformità al Piano nazionale degli aeroporti che prevede "...l’incentivazione alla costituzione di reti o sistemi aeroportuali, che si ritiene possano costituire la chiave di volta per superare situazioni di inefficienza, ridurre i costi e consentire una crescita integrata degli aeroporti, con possibili specializzazioni degli stessi…''
E’ un riconoscimento di grande importanza per gli aeroporti pugliesi, peraltro già operanti in un contesto di sistema regionale di specializzazione.
Tale riconoscimento potrà oggi consentire di difendere ed anzi aumentare gli investimenti anche sugli aeroporti con minore traffico passeggeri, come quelli di Foggia e Grottaglie, utilizzando le maggiori entrate sugli aeroporti di Bari e di Brindisi per sostenere i costi anche degli altri due scali; vorremmo a questo punto, che si vigilasse e si facesse attenzione a non duplicare i servizi rischiando il de-potenziamento di qualche scalo, visto che nel raggio di circa 100 km ci ritroviamo ben tre aeroporti (Taranto/Grottaglie, Brindisi e Bari).
Auspichiamo che la costituzione di tale rete abbia definitivamente sventato il possibile declassamento di qualcuno di questi aeroporti visto che c'era il rischio che l'Enac o il Ministero chiedessero di valutarne la superfluità.
Oggi invece, entrando nella rete sono tutti validamente al servizio delle esigenze produttive e turistiche della Puglia che, come detto, è la prima regione italiana ad ottenere questo prestigioso riconoscimento.
Garantire infrastrutture e mezzi di comunicazione adeguati ed efficienti, significa implementare la presenza di turisti in questa nostra bellissima regione.
I diversi indicatori del Turismo in Puglia e nel nostro territorio hanno certificato un pieno di turisti nel fine settimana di Pasqua, coinciso anche con il bel tempo e le temperature miti, con un +15% di presenze nelle strutture ricettive/alberghiere rispetto al 2017 e con Brindisi classificatasi al 17° posto tra le mete più ricercate dagli italiani.
Le presenze sono state tante anche quelle straniere (tedeschi, francesi, spagnoli, nord europei) che hanno goduto delle mete culturali come il Museo Nazionale MArTA di Taranto, ormai tra i siti più visitati in Puglia ma anche delle nostre spiagge, masserie, agriturismi, castelli, siti archeologici, dei trulli di Alberobello e della Valle d’Itria.
Anche in questo caso, come sindacato bisognerà comprendere quali sinergie potranno consentire di elaborare progetti di futuro per attrezzarsi ed orientare il lavoro del prossimo ventennio in funzione della c.d. industria turistica; comunque sarà anche la contrattazione a poter realizzare quelle azioni mirate a dare risposte utili per contribuire alla ripresa economica del Paese Italia e del Sud in particolare.
Tra queste azioni, noi individuiamo un Patto Sociale, la sfida cioè del dialogo tra tutti gli attori istituzionali, professionali, associativi, affinché anche il settore del Turismo assurga a ruolo di credibile opportunità, con specifico riguardo ai risvolti appunto occupazionali oltreché promozionali.
Abbiamo reputato interessante il recente dibattito in tema di Blue Economy in Puglia, che ha sviluppato un confronto particolarmente interessante su tutela del mare, Turismo sostenibile, politiche europee ed iniziative regionali in favore della crescita economica.
La risorsa mare deve essere intesa, oltre che come balneazione, anche come comunicazione, storia e cultura, civiltà, natura e deve essere integrata con altri prodotti turistici.
Per esempio, noi da sempre includiamo tra i driver di sviluppo del nostro territorio Taranto Brindisi, il settore crocieristico e, anche di recente, abbiamo valorizzato l’iniziativa dei presidenti delle Autorità di sistema portuale finalizzata al concreto delinearsi di ulteriori e diversificate prospettive di approdi di provenienza nazionale e internazionale per il 2018 e persino per la stagione 2019–2020, rivelando per questo, un’importante capacità di programmazione e di pianificazione anche a medio e lungo termine; e Brindisi con il suo porto e territorio sono diventati realtà insostituibili in questo settore.
Lo stretto raccordo tra le varie componenti dei sistemi locali, Autorità portuale, Prefettura, Amministrazioni locali, rappresentanze politiche, soggetti produttivi e sociali, sarà la condizione per rafforzare, rendere strutturali e ulteriormente efficaci le ricadute economico-sociali anche di questo importante settore.
Anche tale connessione istituzionale locale andrebbe intesa come il suggello di un vero e proprio Patto o Alleanza sociale, fondato anche sui capisaldi del marketing territoriale, della legalità, della buona occupazione, della programmazione a medio e lungo termine, della formazione mirata sia scolastica che professionale, della capacità anche di intercettare finanziamenti specifici nazionali ed europei.
Quanto al Patto per la Puglia sottoscritto il 10 settembre 2016 tra il Governo nazionale e la Regione, ricordiamo che lo stesso prevede la realizzazione di n. 47 azioni suddivise per aree tematiche: Infrastrutture, Ambiente, Sviluppo economico e produttivo, Turismo, Cultura e valorizzazione delle risorse naturali, Occupazione, Inclusione sociale, Lotta alla povertà, Istruzione, Formazione.
Ebbene, rispetto ad una dotazione complessiva di 5,7 miliardi, di cui però non si ha più notizia, ci risulta che una parte dei lavori sia stata avviata, il resto ancora non parte.
Abbiamo apprezzato e condiviso, il recente monito lanciato da Daniela Fumarola, nostra segretaria generale regionale, quando ha sostenuto, innanzitutto, di fare chiarezza sul Patto.
Vi è necessità che siano aperti cantieri e avviati tutti quei finanziamenti che porterebbero nuova occupazione; ma, nonostante tutto, la Regione Puglia tace.
Siamo convinti che la migliore risposta per favorire la ripresa del Mezzogiorno e la crescita delle imprese, sia data dalla capacità di spendere tutte le risorse ordinarie e straordinarie disponibili.
Anche per questo prendiamo positivamente atto dell’orientamento espresso, dal Presidente della IV Commissione Regionale, per la costituzione di una task-force utile a monitorare lo stato di avanzamento delle opere e i relativi finanziamenti, per non perdere risorse preziose e sollecitare l’apertura di cantieri.
La sinergia tra pubblico e privato è parola chiave quando i territori scommettono sul proprio futuro, attraverso le loro vocazioni e le loro potenzialità, scegliendo di guardare oltre ai propri confini geografici, ovvero all’intera regione e al resto del Paese, così come sta avvenendo nel settore agricolo.
I prodotti agricoli come riportato dall’Ente Regione (dati Istat) hanno registrato a fine anno un record delle esportazioni.
La Puglia, secondo ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), è prima in Italia per aziende ortive in piena area (ortaggi non coltivati in serre).
In particolare ha numeri da record su pesche, uva da tavola, la frutta e produzioni ortive, così come la dinamica dell’occupazione giovanile, è cresciuta nel Mezzogiorno oltre il 10% della media nazionale.
Nonostante ciò, sul territorio pugliese la minaccia della piaga del caporalato è sempre in agguato; ed è anche per questo che occorre rendere efficiente la rete del lavoro agricolo di qualità, strumento previsto dalla Legge sul caporalato (L. n. 199/2016).
Dopo il lavoro importantissimo delle Prefetture, il percorso si deve completare con la Rete del lavoro agricolo di qualità, presso tutte le sedi Inps.
Rete che ha il compito del rilascio della certificazione etica alle Imprese che ne fanno parte, a fronte del rispetto della legalità, dell’applicazione dei contratti, della regolarità dei versamenti dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi; allo stesso tempo potrà consentire alle stesse Imprese incluse all’interno della Rete un percorso di collaborazione fattiva con tutti gli Istituti preposti alle verifiche ed ai controlli in materia di mercato del lavoro e delle tutele da assicurare agli addetti.
La cabina di regia per il caporalato, insediata solo a Foggia in quanto sede sperimentale, è necessario istituirla in tutte le province, perché lo sviluppo di un’Agricoltura moderna, di qualità e sostenibile, passa attraverso anche questi strumenti e pertanto potrà offrire l’opportunità di un costante monitoraggio sull’andamento del mercato del lavoro agricolo, per la creazione di una filiera produttiva eticamente orientata, con il concorso delle Amministrazioni pubbliche coinvolte, Associazioni datoriali e parti sociali.
A tal proposito, la Regione Puglia, soggetto istituzionale coinvolto anch’esso nella Rete agricola di qualità, avendo specifiche competenze sulla questione dei trasporti e per la disponibilità posseduta di risorse specifiche, riteniamo debba confrontarsi al più presto con le parti sociali regionali.
Nel frattempo, ci piace guardare con interesse alla proposta di legge regionale pugliese bipartisan presentata in questi ultimi giorni “Agricoltura di precisione” – cui ha collaborato il gruppo di lavoro del Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali dell’Università di Bari – perché sia aumentata la competitività delle Aziende e proiettarle secondo un concetto di innegabile effetto “dal trattore al drone”.
La proposta intende promuovere l’innovazione tecnologica nei campi, la formazione digitale degli agricoltori, l’impiego di macchine intelligenti, in sostanza transitare dal modello agricolo attuale a quello moderno, hi-tech, dell’Agricoltura di precisione.
Essa punta ad aumentare la competitività delle aziende agricole pugliesi trasferendo la tecnologia nei campi, ottenendo ottimizzazione dei costi, maggiore efficienza produttiva, più qualità a fronte di meno sprechi. Tutto nell’ottica di una avanzata sostenibilità di tipo climatico e ambientale.
Condividiamo l’idea che per la Puglia, che ha nell’agricoltura la colonna portante della sua economia, salire sul treno Agricoltura 4.0 non sia solo una scelta ma soprattutto sia una necessità.
Abbiamo lanciato, in precedenza, il nostro allarme sui ritardi infrastrutturali del nostro territorio, sulla burocrazia farraginosa, sull’assenza di manutenzioni e pensiamo agli edifici scolastici di cui si è prima chiesta la mappatura, salvo poi accorgersi della esiguità delle risorse disponibili; ed ancora sulle opere incompiute, Bradanico-Salentina e non solo, così come i cantieri che non partono.
E’ un quadro particolarmente fosco quello che riguarda il settore edile e dei lavori pubblici.
Risultano del tutto evidenti, almeno finora, le difficoltà che si incontrano con il Codice degli Appalti (D.Lgs.n. 50/2016) a due anni dal varo; una riforma nata per garantire tutti i soggetti del mercato, stazioni appaltanti, progettisti, imprese e dunque lavoratori, con un sistema di regole chiare ed efficaci ma che poi si è dimostrato in tanti casi un freno, o inadeguato al superamento di alcune problematiche, come per esempio la c.d. clausola sociale, che in questi giorni, un gruppo di lavoro sta cercando di contemplare stabilmente all’interno del Contratto Istituzionale di Taranto, art.9.
Serve equilibrio anche nelle norme; insomma non si può ipotizzare lo sviluppo di questa parte della Penisola, con una burocrazia imperante che di fatto blocca la realizzazione di strade, ponti, reti ferroviari, edifici, spazi verdi e scuole, così come blocca fatturato delle Imprese e occupazione degli addetti, salvo in molti casi, non solo a seguito di calamità naturali, appaltare in emergenza con tutti i rischi di possibili infiltrazioni anche malavitose.
Lavorare per la comunità territoriale, significa anche lavorare con la collettività nazionale.
E adoperarsi per le persone, significa operare con le persone.
Serve al nostro territorio un legame sempre più forte tra i temi economici generali, quelli che concorrono a creare il benessere delle persone e la vivibilità delle città e dei luoghi dove viviamo.
Occorre comprendere bene il contesto sociale, la bellezza degli spazi che ci circondano, la percezione della sicurezza del territorio.
E su queste tematiche, come CISL siamo impegnati a contribuire, condividendo idee e progetti, facendo sinergie su entrambi i territori, con associazioni laiche e religiose impegnate nel sociale, come per esempio con il Forum delle Associazioni delle Famiglie, con le due Diocesi per il Progetto Policoro e con il Forum Sviluppo Sostenibile Taranto BES City.
Questo nostro orientamento introduce anche questioni che interessano le politiche sociali, nostro impegno costante anche se fortemente condizionato dall’andamento dei rapporti con i principali interlocutori, a partire dalla Regione Puglia, sia per quanto riguarda la Sanità che per i Servizi Sociali.
Circa il Piano regionale di riordino ospedaliero, sapevamo bene per le ricadute sui due territori di Taranto e di Brindisi, non sarebbe stata una passeggiata, così come anche discutere con i Direttori Generali delle ASL - oggi Commissari - nonostante l’Accordo Regionale, i Protocolli d’intesa e l’istituzione dei Tavoli di Concertazione.
Le stesse ASL, forti dell’avallo incondizionato del Governatore-Assessore Regionale, non hanno ascoltato nessuno e sono andati avanti creando non pochi problemi agli utenti ed ai lavoratori della Sanità, i cui organici continuamente falcidiati dal mancato reintegro del turnover non consentono la corretta erogazione dei servizi.
Per incidere maggiormente serve recuperare un rapporto sempre più forte ed unitario, consolidando il raccordo tra i Coordinamenti delle Politiche Sociali CGIL CISL UIL, per tornare a confrontarci efficacemente con le due ASL, così da comprendere se i sacrifici, del piano di riordino, imposti, stiano producendo, a Taranto e a Brindisi risultati, partendo dal tema della mobilità sanitaria e delle liste d’attesa.
La settimana scorsa è arrivata dalla Giunta Regionale l’ulteriore doccia fredda, la chiusura in Puglia di 39 PPI - Punti di Primo Intervento - ennesimo colpo che infligge alla sanità pubblica pugliese una ulteriore penalizzazione e che determinerà nei prossimi giorni l’assunzione di iniziative.
Adesso diventa anche difficile capire se a fronte dei tagli e dei ridimensionamenti ospedalieri ci sia l’impegno a rivedere e/o ad istituire in maniera adeguata i Presidi Territoriali di Assistenza (PTA) previsti dal Piano di riordino ma dei quali solo in queste settimane la Regione sta approntando le linee guida.
Il nostro impegno prosegue anche sui Servizi Sociali e particolarmente in questo periodo nella predisposizione dei Piani Sociali di Zona, per il prossimo triennio.
A causa dei ritardi con i quali la Regione ha prodotto il nuovo Piano delle Politiche Sociali 2017-2020, la fase di predisposizione dei PSdZ sta procedendo con notevoli ritardi un po’ in tutti gli Ambiti Territoriali.
Nel territorio Taranto Brindisi comunque stiamo lavorando per cercare di recuperare nei limiti del possibile detti ritardi.
È giusto, è necessario fare anche oggi un appello al voto per le elezioni in corso delle Rsu (17-18-19 aprile) che investono l’intero comparto pubblico.
Appuntamento fondamentale per la vita di una organizzazione sindacale come la nostra, perché le categorie coinvolte direttamente, della Funzione Pubblica e della Federazione della Scuola, Università e Ricerca, Università, in questi giorni, raccolgono i frutti di “una semina quotidiana” avvenuta nel corso del tempo.
Fare sindacato nei luoghi di lavoro non è facile; serve competenza e impegno costante e noi siamo certi che le nostre Federazioni impegnate nei due territori hanno saputo fare benissimo, in questi anni.
“La nostra azione sindacale si caratterizza con la prossimità, la perseveranza, la professionalità, la passione, la potenzialità, la partecipazione e la pazienza” - è quanto ha affermato Daniela Fumarola il 21 marzo u.s., in occasione dell’iniziativa di presentazione a Bari delle proprie Rsu, promossa dalla CISL FP Regionale.
Con queste premesse, l’esito del voto sarà certamente positivo per le categorie impegnate e per l’intera CISL a tutti i livelli.
Nell’azione quotidiana della nostra CISL il territorio è ormai diventato centrale.
La formazione e la capacità di rappresentare l’organizzazione deve essere sempre più rafforzata perché oggi sul territorio, come Cisl, non ci facciamo interpreti unicamente dei bisogni dei lavoratori iscritti ma anche delle loro famiglie.
CISL = Confederalità!
Questo è il paradigma che ci deve permettere di continuare, incessantemente, il lavoro iniziato nelle due province in questi anni e che stiamo portando avanti tutti insieme.
Percorso avviato definitivamente con l’approvazione del regolamento delle Usc/Usz e con la riorganizzazione recente che riguarda i Servizi di Patronato e Fiscale.
Solo il grande senso di responsabilità di tutti, nonostante le difficoltà, che incontriamo quotidianamente, ci consentono di non perdere di vista gli obiettivi che ci siamo prefissati.
Il nostro livello regionale si è fatto carico, portando all’attenzione della confederazione nazionale, i problemi del territorio (Usc e Usz), che fino a ieri risultavano essere incancreniti, irrisolvibili e forse nemmeno conosciuti, senza scaricare a nessuno il problema, né alla confederazione e né alle categorie nazionali.
Attraverso l’attuazione della confederalità, insieme (Federazioni e Confederazione nazionale e le quattro Ust ), stiamo tentando di declinare, con specifici progetti pilota, le necessità e le esigenze dei territori, dei comuni e dei servizi (Caf – Inas), con il rispetto delle regole, per un maggiore proselitismo e la massima condivisione, attraverso l’esigibilità di risorse mirate.
Siamo impegnati, quindi, con le altre UST e con la CISL Regionale al potenziamento ed al rilancio di tutta l’organizzazione sindacale, servizi compresi, al rilancio dell’intero territorio regionale che può avvenire solo se ognuno di noi, ogni Federazione, e a tutti i livelli, comprende la bontà e l’opportunità del progetto e contribuisce per la propria parte.
Nel frattempo, come territorio Taranto Brindisi, abbiamo avviato una ulteriore sperimentazione che tende a mettere insieme le risorse economiche e umane di alcune categorie, in particolar modo con Fai ed Fnp, Caf ed Inas, auspicando da subito che si possano aggiungere anche altre Federazioni; siamo certi che a distanza di qualche settimana saremo anche pronti a presentare il bel risultato che stiamo costruendo, tassello dopo tassello.
Il nostro obiettivo è razionalizzare le risorse spendendole sui territori in modalità mirata, con progetti di potenziamento delle Usc, Leghe e Usz attraverso una stabilizzazione delle persone che operano all’interno di queste sedi.
La parola d’ordine sarà strutturare e articolare meglio, più efficientemente, l’organizzazione sul territorio, salvaguardando le nostre prime linee e comunque quello che c’è e che funziona bene, partendo con progetti pilota, che dovranno fungere da apripista a quello che contiamo di fare anche dopo, insieme con la CISL regionale.
Le persone coinvolte saranno a disposizione dell’intera organizzazione, verranno formate adeguatamente, con la concessione anche dei comandi del Patronato, in modo da equipararli a tutti gli effetti agli operatori Inas.
L’altro obiettivo sarà quello di invertire il dato di chi si rivolge al nostro sistema servizi, in particolar modo degli iscritti.
Le statistiche su base territoriale, tanto della società dei servizi fiscali regionale Sounire, quanto dell'Inas coincidono, evidenziando che appena il 30-40% degli iscritti si rivolge a loro, pertanto, anche con questo investimento, puntiamo a far conoscere sempre più i nostri servizi Fiscali e di Patronato, i nostri Enti e le nostre Associazioni per avvicinare sempre più la parte restante di iscritti, oltre il 50%, che fino ad oggi non hanno usufruito dei Servizi CISL.
Le nostre associazioni Adiconsum, Anteas, Sicet, il Coordinamento delle donne, sono sempre in prima linea nella difesa dei cittadini, dei consumatori-utenti, nell'affrontare l’emergenza abitativa, nell'impegno di assistenza e tutela degli anziani, degli immigrati e delle donne.
La strada è questa; e con spirito confederale, tutti insieme, dobbiamo continuare a percorrerla, per fare sindacato al 100% con coerenza e responsabilità."