La Corte d'Assise di Taranto ha condannato a 22 e 20 anni di reclusione Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell'Ilva, tra i 47 imputati nel processo Ambiente Svenduto, sull'inquinamento ambientale prodotto dallo stabilimento siderurgico. Rispondono di concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all'avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro.
Tre anni e mezzo di reclusione sono invece per l'ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola sempre nell'ambito del processo per il presunto disastro ambientale negli anni di gestione della famiglia Riva. I pm avevano chiesto la condanna a 5 anni. Vendola è accusato di concussione aggravata in concorso, in quanto secondo gli inquirenti, avrebbe esercitato pressioni sull'allora direttore generale di Arpa Puglia Giorgio Assennato, per far "ammorbidire" la posizione dell'Agenzia nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall'Ilva.
Condannato a 21 anni e 6 mesi di carcere l'ex responsabile delle relazione istituzionali Girolamo Archinà e a 21 anni l'ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso. E' stata inoltre disposta la confisca degli impianti dell'area a caldo che furono sottoposti a sequestro il 26 luglio 2012 e delle tre società Ilva spa, Riva fire e Riva Forni Elettrici. Condannato a 17 anni e sei mesi l'ex consulente della procura Lorenzo Liberti. 2 anni poi per l'ex direttore generale dell'Arpa Puglia Giorgio Assennato, accusato di favoreggiamento nei confronti di Vendola. Secondo l'accusa, Assennato avrebbe taciuto sulle pressioni subite dall'ex governatore affinché attenuasse le relazioni dell'Arpa a seguito dei controlli ispettivi ambientali nello stabilimento siderurgico. Assennato, che ha sempre negato di aver ricevuto pressioni da Vendola, aveva rinunciato alla prescrizione.
"Mi ribello ad una giustizia che calpesta la verità - ha commentato Nichi Vendola dopo la sentenza. "E' come vivere in un mondo capovolto, dove chi ha operato per il bene di Taranto viene condannato senza l'ombra di una prova. Una mostruosità giuridica avallata da una giuria popolare colpisce noi, quelli che dai Riva non hanno preso mai un soldo, che hanno scoperchiato la fabbrica, che hanno imposto leggi all'avanguardia contro i veleni industriali. Appelleremo questa sentenza, anche perché essa rappresenta l'ennesima prova di una giustizia profondamente malata"
“La giustizia ha finalmente fatto il suo corso, è stato poi il commento del Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, accertando che i cittadini di Taranto hanno dovuto subire danni gravissimi da parte della gestione Ilva facente capo alla famiglia Riva.
I delitti commessi sono gravissimi e sono assimilabili a reati di omicidio e strage non a caso di competenza della Corte d’Assise al pari di quelli per i quali è intervenuta la pesantissima condanna.
La sentenza è un punto di non ritorno che deve essere la guida per le decisioni che il Governo deve prendere con urgenza sul destino degli impianti.
Gli impianti a ciclo integrato, che hanno determinato la morte di innumerevoli persone tra le quali tanti bambini, devono essere chiusi per sempre e con grande urgenza per evitare che i reati commessi siano portati ad ulteriori conseguenze e ripetuti dagli attuali esercenti la fabbrica.
L'attività industriale attuale a ciclo integrato a caldo va immediatamente sospesa e si deve decidere il destino dell'impianto e dei lavoratori.
La Regione Puglia, parte civile, ha richiesto ed ottenuto la condanna degli imputati e della società al risarcimento dei danni che saranno quantificati in separata sede ottenendo una provvisionale di 100mila euro. E pertanto ha titolo per iniziare una causa civile contro tutti coloro che hanno provocato il danno e contro coloro che eventualmente stanno continuando a cagionare danni ambientali e alla salute.
Non ci arrenderemo mai alla sottovalutazione colpevole della tragica e delittuosa vicenda ex Ilva e agiremo su tutti i fronti che le normative italiane ed europee ci concedono.
Sarà guerra senza quartiere a tutti coloro che in ogni sede hanno colpevolmente sottovalutato o agevolato i reati commessi.
Per quanto riguarda il risarcimento che la Regione Puglia deve assicurare per fatti accaduti prima della attuale amministrazione, siamo pronti a far fronte alla richiesta risarcitoria ove essa sia confermata dalla sentenza definitiva.
Siamo consapevoli però che la Regione Puglia dal 2005 in poi è stata l’unica istituzione ad aver concretamente agito per fermare quella scellerata gestione della fabbrica, almeno fino a quando non è stata estromessa per legge da ogni possibilità di intervento sui controlli ambientali, con leggi nazionali che hanno fatto eccezione alle regole in vigore per il resto d’Italia”.